Approfondimenti

Home » Approfondimenti

Gli enzimi mangiaveleni della melanzana

2023-05-26T15:53:34+02:00

Gli enzimi mangiaveleni della melanzana

Grazie alla cristallografia a raggi x sono stati scoperti gli enzimi che trasformano i veleni degli alcaloidi in molecole salutari per l’uomo.

“Un esempio è la pianta dello Stramonio che, nonostante la sua alta produzione di alcaloidi, che la rendono una pianta altamente tossica, può funzionare come porta innesto per quella della melanzana, producendo comunque ottime melanzane. Tutto ciò avviene mediante enzimi e rRna enzima, che sintetizzano molecole specifiche per la melanzana senza che le sostanze tossiche possano alterarne il frutto” (Sole 24 Ore del 28-07-14).

Gli enzimi mangiaveleni della melanzana2023-05-26T15:53:34+02:00

La Cristallografia a raggi x nella ricerca della Sclerosi Multipla, pubblicata su PubMed

2023-05-18T15:28:32+02:00

La Cristallografia a raggi x nella ricerca della Sclerosi Multipla, pubblicata su PubMed

Questo studio osservazionale è stato condotto su 50 pazienti con SM per determinare gli effetti sulla QOL in seguito alla somministrazione di due integratori alimentari commerciali, denominati Citozym® ed Ergozym®, (Registrazione Citozeatec Italia-FDA 12932524008 Pin no. bfJ3h263). Lo studio è stato condotto secondo le linee guida della Dichiarazione di Helsinki, ed è stato rivisto e approvato il 20 luglio 2020 dal consiglio dell’Istituto di ricerca “CRSC”, sotto il protocollo n. “AB2745P28” come parte del “Dietary Progetto Integrazione”.

La cristallografia a raggi X sarà ampiamente utilizzata adesso che è chiaro, in seguito agli studi precorritori compiuti su alcuni enzimi idrolitici, che questa tecnica (benché niente affatto semplice e corrente) può rivelare particolari straordinariamente sottili della struttura terziaria che non possono essere ottenuti in nessun altro modo. La descrizione del meccanismo intimo della catalisi enzimatica diverrà sempre più materia di concreta realtà chimica piuttosto che di teoria non dimostrabile.

I controlli effettuati hanno evidenziato che il trattamento ha ridotto drasticamente i valori del FSS dalla media nei controlli di circa 5.00-4.75 a valori che dopo 20 giorni di trattamento hanno raggiunto 4.2, 3.8 dopo 50 giorni e 3.6 dopo 70 giorni. Il significato di queste riduzioni, indica un netto miglioramento del sintomo fatica.

La Cristallografia a raggi x nella ricerca della Sclerosi Multipla, pubblicata su PubMed2023-05-18T15:28:32+02:00

La cristallografia ai raggi x mette a nudo i disastri della thalidomide con migliaia di nati privi degli arti

2023-05-17T14:15:44+02:00

La cristallografia ai raggi x mette a nudo i disastri della thalidomide con migliaia di nati privi degli arti

Thalidomide: Ipnotico, sedativo, anti-nausea, nella 2° guerra mondiale veniva utilizzato come calmante per i soldati.

Le donne trattate con talidomide davano alla luce neonati con gravi alterazioni congenite dello sviluppo degli arti, ovvero amelia (assenza degli arti) o vari gradi di focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti).

La metodica della cristallografia a raggi x, rileva che la teratogenicità è associata solamente all’enantiomero destrorso che agisce come inibitore dell’angiogenesi ovvero del normale sviluppo dei vasi sanguigni, interferendo con lo sviluppo dell’embrione, specie se assunto durante le prime sette settimane della gravidanza.

Enantiomero D è il responsabile della teratogenicità e della malformazione alla nascita di bambini.

L’enantiomero S è un amminoacido standard utilizzato da enzimi geneticamente specifici per tutti gli esseri viventi.

Nel 2017 il Ministro della Salute Lorenzin riconosce un indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da thalidomide.

La cristallografia ai raggi x mette a nudo i disastri della thalidomide con migliaia di nati privi degli arti2023-05-17T14:15:44+02:00

Cristallografia a raggi X

2023-05-17T09:17:49+02:00

Gli enzimi sono i nostri creatori e sostenitori del nostro corpo

Gli enzimi cristallografati ci forniscono lo stato vitale dei nostri tessuti.

Cristallografia: è la scienza che studia i cristalli.
La parola cristallo deriva dal greco che significa ghiaccio, gli antichi pensavano che il cristallo di rocca (varietà incolore del quarzo) fosse ghiaccio indurito.
Ma cos’è il cristallo? Prima di parlare di cristallo occorre capire cosa significa materia ordinata e materia disordinata.
In un liquido come l’acqua le molecole sono disordinate, se le raffreddiamo le molecole si muovono sempre meno fino a creare una materia ordinata: il ghiaccio.

Cristallografia a raggi X
La struttura tridimensionale delle macromolecole biologiche ci consente di comprendere i meccanismi alla base dei processi biologici in cui sono coinvolte e di descrivere le interazioni atomiche che li guidano, ovvero di capire come una particolare macromolecola possa svolgere la propria funzione. La cristallografia a raggi X è una metodologia che permette di determinare la distribuzione nello spazio degli atomi di una molecola presente in un cristallo, analizzando come i raggi X vengono sono diffratti da quest’ultimo ed è molto utile per determinare la struttura tridimensionale a risoluzione atomica di macromolecole biologiche.

Enciclopedia Treccani del Novecento Haschmeyer
Prima di lasciare questi argomenti di carattere strutturale, va ricordata la tecnica della microscopia elettronica (v. Haschmeyer, 1970). Essa non ha ancora acquistato quel grado di risoluzione che le permetterebbe di competere con la cristallografia a raggi X nel determinare nei particolari la geometria delle più piccole molecole enzimatiche.

Cristallografia a raggi X2023-05-17T09:17:49+02:00

Come Bari divenne famosa nel mondo per la biochimica

2023-03-15T14:18:33+01:00

Come Bari divenne famosa nel mondo per la biochimica

Forse nessuna branca della scienza ha avuto nella seconda metà del XX secolo uno sviluppo pari a quello della chimica biologica e della biologia molecolare. Numerose scoperte hanno completamente ridisegnato le nostre conoscenze degli eventi molecolari alla base della vita.

In quel periodo grande sviluppo ha avuto anche la bioenergetica, ovvero lo studio dei complessi meccanismi mediante i quali gli organismi sono in grado di produrre l’energia necessaria per lo svolgimento dei processi vitali. Grazie ad Ernesto Quagliariello e alla sua scuola, alcune delle pagine più importanti della bioenergetica sono state scritte a Bari.

Articolo estratto da:

NUOVA PUGLIA D’ORO Progetto di valorizzazione della memoria storica pugliese

Come Bari divenne famosa nel mondo per la biochimica2023-03-15T14:18:33+01:00

Le molecole della vita

2023-05-17T11:59:06+02:00

Le molecole della vita

Laboratorio di Citologia, Istologia & Oncologia Sperimentale
Relazione esperimenti preliminari del progetto
Link della pubblicazione
“Effetti dei componenti del Citozym della Soc. Citozeatec di Peschiera Borromeo,
sulla crescita cellulare normale e neoplastica”
Responsabili scientifici: Prof. Simone Beninati, Dott. F. Antonelli

Introduzione
Abbiamo focalizzato il nostro studio sulla ricerca del potenziale effetto sinergico, derivante dalla azione dei diversi costituenti del Citozym, i quali agiscono, non su un singolo bersaglio ma, su diversi target e cooperano in un percorso agonista-sinergico per provocare una potente attività farmacologica.

Il concetto di target include enzimi, substrati, proteine e metaboliti, recettori, canali ionici, proteine di trasporto, DNA / RNA, ribosomi, anticorpi monoclonali, meccanismi fisico-chimici e cascate di segnali (1).

Il vantaggio di questa molteplicità di costituenti attivi e delle loro azioni complementari, conferisce al Citozym un’azione delicata, profonda e duratura, rispetto ad un farmaco derivato dalla sintesi chimica, che generalmente consiste in un singolo principio attivo, che avrà un’azione unica, focalizzata e incisiva.
Alcuni componenti del Citozym non hanno effetti farmacologici, ma migliorano la biodisponibilità di altri composti attivi, consentendo così ai composti attivi di essere molto più efficaci in confronto all’azione che manifesterebbero da soli. Questi costituenti, che lavorano in sinergia con altre molecole inattive, sono chiamati “co-effettori”.

Il ruolo di alcuni di questi co-effettori può, ad esempio, aumentare la solubilità in acqua, di altri costituenti attivi, oppure aiutare il loro passaggio attraverso le membrane cellulari a livello della parete intestinale, facilitando così la loro diffusione nel sangue. Altri co-effettori possono anche avere un ruolo protettivo, nei confronti dell’azione metabolica degli enzimi coinvolti durante il percorso delle sostanze attive nel corpo, prima che raggiungano il loro sito di azione. Quindi le sostanze attive (enzimi) non possono essere degradate e manterranno tutta la loro attività.

Grazie allamoltitudine di costituenti, il corollario di effetti sinergici coniugati e variabili, la polivalenza di attività complementari, l’efficacia a basse dosi e l’azione concertata e armoniosa di altri costituenti che li accompagnano, il Citozym agirà in modo dolce, profondo e duraturo e potrebbe avere un’azione regolatoria in aggiunta alla propria azione sintomatica.

Le molecole della vita2023-05-17T11:59:06+02:00

Virus e oncogeni

2023-05-17T12:00:13+02:00

Virus e oncogeni

INFEZIONI VIRALI ED ENZIMOPATIA

PREMESSA
tutte le proteine degli esseri viventi superiori, dalla primaria alla quaternaria, sono costituite da amminoacidi “L ” cioè amminoacidi levogiro. Gli amminoacidi “D” Si trovano nei parassiti: virus, batteri ecc., le difese immunitarie, gli enzimi costituiti da amminoacidi L non hanno le tasche per digerire gli amminoacidi dei parassiti.
Citozeatec utilizza enzimi con amminoacidi L che producono componenti “zuccherini” con strutture levogiro; tali zuccheri (veri trojan) vengono utilizzati dai virus patogeni ecc. e non essendo compatibili, per l’assenza degli enzimi “L” levogiro, si autodistruggono.

Sappiamo che i virus, per completare il loro ciclo vitale, utilizzano enzimi. Gli enzimi sono glicoproteine espresse in modo tipico sulla superficie dei virus, per es. influenzali, e necessarie per la penetrazione del virus stesso all’interno delle vie respiratorie. Di fondamentale importanza per molti microorganismi è l’adesione alle cellule per riuscire a penetrare e potere compiere all’interno della cellula ospite il proprio ciclo replicativo. Nel caso del virus dell’influenza, all’interno di quello che viene comunemente chiamato envelope del virus (rivestimento esterno membranoso, tipico dei virus animali, che ha generalmente origine dalla membrana nucleare o plasmatica della cellula ospite) sono contenuti gli enzimi emoagglutinina e neuraminidasi, per cui i virus si servono degli enzimi per il completamento del loro ciclo vitale. In questo caso parleremo di enzimi patogeni.
La replicazione virale può avvenire in maniera fedele oppure no, cioè può subire delle modificazioni (mutazioni). La loro capacità di mutare è la loro abilità nel sapersi adattare al contesto dell’organismo infettato, potendo cambiare in base alle necessità. Questo determina la resistenza ai trattamenti e presidi terapeutici messi comunemente in atto (terapia antivirale, analgesica, antipiretica, antiinfiammatoria e l’antibioticoterapia), con la conseguenza di effetti collaterali grazie al loro uso cronico e protratto nel tempo.
Invece, da ricerche ed esperienze cliniche possiamo concludere che l’utilizzo dei componenti enzimatici, cioè componenti (sinistròrso) ottenuti dalla sintesi degli enzimi specifici con efficacia assoluta contro patogeni (sinistròrso che destrorso) i prodotti della Citozeatec sono paragonabile ad una comune vite con possibilità di avvitarsi sia a destra che a sinistra. Quello che manca ai farmaci.
I componenti enzimatici quindi impediscono al virus di prendere il controllo della cellula bloccando la sintesi del genoma virale e la progressione del virus nei primi stadi della malattia, con miglioramenti della sintomatologia. Inoltre anche quando la malattia è già conclamata, i componenti sono comunque in grado di agire sui sintomi e sulle manifestazion del virus (es.influenzale).

Gli amminoacidi proteici sono delle molecole biologiche formate da un carbonio centrale che lega quattro sostituenti: un idrogeno, un gruppo carbossilico, un gruppo amminico e una catena laterale R che è la catena variabile. E’ proprio questa catena a determinare le differenze dei vari amminoacidi e quindi le proprietà chimiche e fisiche degli stessi.
Un primo gruppo di amminoacidi è dato dall’amminoacido avente R apolare, un esempio è l’alanina. Questi amminoacidi sono molto particolari perché all’interno delle proteine tendono a disporsi in modo tale da non venire a contatto con l’acqua e le loro catene laterali formano interazioni idrofobiche l’una con le altre, in modo da minimizzare il contatto con l’acqua. Sono inoltre gli amminoacidi che troviamo a livello delle proteine integrali di membrane, nella parte in cui la proteina deve attraversare il doppio strato fosfolipidico, che caratterizza la specificità delle membrane e quindi della cellula.
Un secondo gruppo di amminoacidi è dato dagli amminoacidi avente catena R aromatica, un esempio è la fenilalanina.
Questi amminoacidi vengono utilizzati in vari enzimi e quindi presenti in varie tasche enzimatiche per svolgere funzioni differenti.

Altra categoria:
Amminoacidi avente catena R polare, un esempio è la serina, avente un gruppo ossidrilico che dà la polarità all’amminoacido.
La serina è molto importante sia nelle proteine che negli enzimi perché rappresenta il sito prediletto per la fosforilazione della proteina. La fosforilazione o la defosforilazione di una proteina è molto importante nel processo di regolazione della proteina stessa. Amminoacidi con R carichi positivamente, un esempio è la lisina, questi amminoacidi si trovano nelle tasche enzimatiche di diversi enzimi e solitamente riescono a cedere protoni al substrato.
Grazie a questa cessione si altera la configurazione del substrato e la trasformazione del prodotto.
Infine vi sono amminoacidi con R carichi negativamente, un esempio è l’aspartato, qui il discorso è speculare rispetto ai carichi positivamente, anche amminoacidi come l’aspartato si trovano in diverse tasche enzimatiche e riescono a rimuovere proteine dal substrato, modificandolo e quindi facilitando la trasformazione in prodotto.
Guardando quindi il mondo degli amminoacidi possiamo distinguere gli amminoacidi naturali e non naturali detti anche sintetici che vengono utilizzati in vari settori come alimentare, chimico, farmaceutico ecc.
Nell’ambito dei naturali c’è da fare un’ulteriore distinzione tra i proteici ca. 20 che sono quelli ai fini biologici e i non proteici che sono maggiore di 500 a mio avviso siamo nell’ambito degli amminoacidi modificati geneticamente (OGM), gli esseri umani non dispongono enzimi per trasformare OGM.
Sempre nell’ ambito dei proteici poi ci sono gli essenziali e i non essenziali.
Va notato che gli amminoacidi sono delle vere molecole chirali perché c’è un carbonio centrale e quattro sostituenti intorno, in realtà questo vale per tutti gli amminoacidi proteici fatta eccezione per la glicina.
La glicina presenta nella catena R un atomo di idrogeno e quindi non abbiamo 4 sostituenti diversi ma 3 perché esiste già l’idrogeno alla terza posizione.
Questo ci fa capire che la glicina potrebbe essere l’anello debole della catena amminoacidica che, se alterata, subisce trasformazioni
tali da modificare lo stato fisico chimico della funzionalità, sia dell’enzima che della proteina e di conseguenza la trasformazione della genetica dell’essere vivente, animale o vegetale.
Questo ci deve far riflettere sull’utilizzo dei farmaci che potrebbero modificare profondamente l’esistenza di una cellula.
Gli amminoacidi naturali appartengono alla serie L (levogiro) piuttosto che alla serie D (destrogiro). La cosa fondamentale è che abbiano tutti la stessa configurazione perché così possono costruire proteine con una struttura ben definita. Infatti, basta un solo amminoacido D in un punto critico di una proteina perché questa assuma una conformazione errata e diventi inattiva.
In natura gli amminoacidi D si incontrano molto raramente. I batteri, per esempio, utilizzano D-alanina per costruire un breve tratto della loro parete cellulare chiamata paptidoglicano, ma non sintetizzano D-alanina in modo diretto, la ottengono isomerizzando la normale

L-alanina.

Nelle proteine sono presenti 20 diversi amminoacidi più alcuni amminoacidi speciali (selenocisteina e selenometionina) sintetizzati solo per realizzare alcuni enzimi anti radicali liberi.

LA BIOGENESI NEGLI ENZIMI
Confermata dai “mattoni” della vita scoperti nel meteorite
caduto il 28 Settembre 1969 a Murchison – Australia

Gli enzimi sono formati da amminoacidi, grazie al legame di questi amminoacidi il legame si chiama legame peptidico.

Nel legame peptidico il gruppo carbossilico di un amminoacido
ed il gruppo amminico di un altro amminoacido
(di formula generica NH2CHRCOOH),
si legano fra di loro con l’eliminazione di una molecola d’acqua,
la molecola che si viene a formare è un legame di tipo amminico,
in quanto il gruppo carbossilico dell’amminoacido perde il gruppo OH

e lega l’azoto (N), si è quindi formato un residuo carbossilico ma con una catena amminica.

Se si analizza la disposizione degli elettroni nel legame peptidico, si riscontra che il carbonio ha un doppio legame con l’ossigeno e quindi due doppietti e l’ossigeno libero. L’azoto (N) ha tre legami e un ulteriore doppietto, ha una configurazione elettronica con due elettroni nell’ orbitale “S” e tre elettroni nell’ orbitale “P”. Nulla vieta all’ azoto di ribaltare i suoi doppietti elettronici e quindi utilizzarli per legare il carbonio, costringendolo a sostituire il doppietto elettronico dell’ossigeno (O,). Il carbonio (C) non può formare cinque legami, se forma un doppio legame con l’azoto lo deve rompere necessariamente dall’ altra parte.
Si viene quindi a formare un intermedio di questo tipo:
l’azoto ha un doppio legame con il carbonio mentre l’ossigeno ha necessariamente un doppietto elettronico in esuberanza; l’azoto avrà quindi una parziale carica positiva e l’ossigeno una parziale carica negativa.
Possiamo quindi affermare che il legame peptidico è un legame in risonanza perchè nulla vieta all’ ossigeno di ribaltare il suo doppietto e quindi tornare al legame precedente.
A uno scienziato italiano spetta il merito di aver per primo iniziate le ricerche in tal campo. Fu infatti Lazzaro Spallanzani che nel 1765 mostrò brillantemente l’azione solvente del succo gastrico sulla carne. Per quanto egli avesse precisati alcuni particolari, non poté tuttavia valutare, a causa dei mezzi rudimentali di cui allora si disponeva e delle scarse cognizioni di chimica del tempo, la vasta portata della sua scoperta.

Meteorite caduto a Murchison

Un esemplare del meteorite esposto al
National Museum of Natural History di Washington

Si tratta di una delle meteoriti più studiate, poichè Contiene oltre 100 diversi amminoacidi, composti organici complessi che sono alla base della vita.

La domanda che sorge spontanea è: considerando che gli amminoacidi sono componenti proteici, e quindi biologici, come mai non si sono disintegrati alle temperature così elevate? E’ come ottenere il possibile dall’ impossibile; quando le condizioni lo permettono riprendono poi a funzionare per la vita di tutti gli esseri viventi (proteine,enzimi ecc.).
Se una proteina è mal ripiegata o se c’è un problema nel ripiegamento della proteina si possono instaurare delle condizioni patologiche anche molto gravi, un esempio è l’encefalopatia spongiforme bovina, comunemente conosciuta come mucca pazza, in cui una proteina un prione cioè una proteina in grado di determinare una patologia, assume un ripiegamento non corretto; questo ripiegamento non corretto induce anche altre proteine sane a ripiegarsi in maniera anomala. Questo ha un effetto dannoso sulle cellule neuronali che iniziano a morire determinando al esame istologico la comparsa di tanti spazi bianchi che danno al vetrino un aspetto a spugna, da cui spongiforme. Tutti quegli spazzi bianchi sono pezzi di tessuto che non ci sono più perché sono pezzi di tessuto che sono andato a morire, la mucca pazza porta ad una degenerazione neuronale progressiva.
L’ultimo grado dell’ organizzazione delle proteine è la struttura quaternaria, che è una struttura che non hanno tutte le proteine, ma soltanto alcune.
La struttura quaternaria si viene ad instaurare nel momento in cui più strutture tridimensionali terziarie interagiscono fra di loro per determinare una sorta di super struttura:
il classico esempio è l’emoglobina.
l’emoglobina è formata da quattro proteine diverse ognuna per la propria struttura terziaria che interagiscono fra di loro formando una super struttura che è quella quaternaria.
In questa ottica anche il collagene è una super struttura quaternaria che è data da proteine che si superavvolgono più e più volte su di loro, determinando una struttura che le comprende tutte.
Una proteina può anche perdere la sua struttura tridimensionale, il processo che porta alla perdita della sua tridimensionalità prende il nome di denaturazione.
La denaturazione può avvenire per vari motivi, o per una variazione di PH o per molecole ionizzanti: alfa, beta, neutroni o per farmaci, chemioterapia, radioterapia, radioattività ecc. quello che succede quindi è che l’interazione che garantiva una struttura tridimensionale, come per esempio l’interazione elettrostatica, a causa della tossicità viene meno. Otteniamo quindi la proteina nella sua struttura primaria, senza le interazioni che aveva prima, ciò che è particolare però è che se ad una proteina denaturata vengono forniti componenti enzimatici la proteina riassume esattamente la conformazione tridimensionale che aveva prima.
Questo ci fa capire che quando una proteina fa un ripiegamento non esplora casualmente tutte le combinazioni possibili, ma i componenti enzimatici gli permettono di esplorare una sola conformazione tridimensionale che è poi quella funzionale; questo è il motivo per cui le proteine poi si ripiegano in poco tempo perché come ci insegna il paradosso di Levinthal: se le proteine dovessero esplorare tutte le configurazioni possibili impiegherebbero, per trovare la conformazione giusta, un arco di tempo maggiore dell’ età dell’ Universo, quindi impossibile.

I quattro gruppi sostituenti diversi di ciascun amminoacido possono disporsi nello spazio in due modi diversi, che sono le immagini speculari non sovrapponibili l’uno dell’altro (forme L e D).

le proteine che costituiscono le difese immunitarie gli enzimi ecc. non sono ingrado di fermare i virus costituiti da amminoacidi D, come già detto in precedenza i virus si indirizzeranno verso gli acidi Nucleici in quanto gli Acidi nucleici DNA, RNA , ecc. sono zuccheri cercato dai parassiti.
La Citozeatec nel proprio impianto industriale produce componenti elaborato da enzimi sinistrorso zuccherini paragonato agli zuccheri presenti negli acidi desossiribonucleici capace di rompere gli amminoacidi D dei virus.

Virus e oncogeni2023-05-17T12:00:13+02:00

Infezioni virali ed enzimopatia 02

2023-05-17T12:01:19+02:00

Infezioni virali ed enzimopatia 02

I miei studi nell’ambito degli amminoacidi proteici (biologici) ed enzimatici mi portano a pensare quanto segue:

I patogeni meno evoluti, per accrescere scelgono gli organi più vulnerabili, gli occhi non essendo vascolarizzati sono privi di difese immunitarie, le uniche difese degli occhi sono gli enzimi lisosomiali ecc.
I virus, batteri ecc. per completare il loro genoma scelgono gli occhi come terreno fertile.
Il vero dramma a mio avviso viene causato dalla rottura degli amminoacidi virali (destrorso) da parte degli enzimi di difesa lisosomiali che non avendo le tasche per digerire gli amminoacidi destrorso per la conformazione sinistrorso (levogiro) rimangono intrappolati con gli amminoacidi destrorsi.

Gli enzimi di difesa dell’occhio iniziano a sintetizzare molecole per i patogeni provocando una vera e propria trasformazione dell’enzima. E’ come avere la guardia del corpo che passa con il nemico.

Unica possibilità quindi è di mettere a disposizione componenti energetici (zuccheri energetici) sinistrorsi capaci di decomporre tutte le strutture destrorse dei patogeni.
Tutto ciò mi porta a comprendere come la malattia ha inizio dagli occhi, turbinati, polmoni ecc.
Le infezioni oculari come la congiuntivite, l’orzaiolo e le infiammazioni delle palpebre ecc. è la dimostrazione di quanto sopra.

Nella normalità sappiamo che i virus, per completare il loro ciclo vitale, utilizzano enzimi. Gli enzimi sono glicoproteine espresse in modo tipico sulla superficie dei virus, per es. influenzali, quindi necessari per la penetrazione del virus stesso all’interno delle vie respiratorie.

Di fondamentale importanza per molti microorganismi è l’adesione alle cellule per riuscire a penetrare e poter compiere all’interno della cellula ospite il proprio ciclo replicativo. Nel caso del Rabdovirus, virus dell’influenza, la caratteristica di questa classe di virus è di trascrivere 5 mRNA monocistronici del suo RNA genomico.

La replicazione virale può avvenire in maniera fedele oppure no, cioè può subire delle modificazioni (mutazioni). La loro capacità di mutare è la loro abilità nel sapersi adattare al contesto dell’organismo infettato, potendo cambiare in base alle necessità.
Questo determina la resistenza ai trattamenti e presidi terapeutici messi comunemente in atto (terapia antivirale, analgesica, antipiretica, antinfiammatoria e l’antibioticoterapia), con la conseguenza di effetti collaterali grazie al loro uso cronico e protratto nel tempo.

Da ricerche ed esperienze cliniche, possiamo concludere che l’utilizzo dei componenti enzimatici, cioè componenti (sinistrorsi) ottenuti dalla sintesi degli enzimi specifici con efficacia assoluta contro patogeni (sia sinistrorsi che destrorsi) i prodotti Citozeatec sono paragonabili ad una comune vite con possibilità di avvitarsi sia a destra che a sinistra, per il solo motivo che i patogeni per accrescere hanno bisogno di energia .

Come già detto i prodotti Citozeatec sono zuccheri levogiro (sinistrorso) non specifici per i patogeni capaci di decomporre gli amminoacidi dei virus ecc.
In ultima analisi quando veniamo al mondo ogni cellule è costituita da oltre cinquemila enzimi che nel tempo tendono a ridursi, motivo per il quale i bambini al di sotto dei 10 anni hanno una resistenza maggiore rispetto agli adulti verso i coronavirus. Tutto ciò è dimostrato come precedentemente descritto.In ambito oncologico, virologico, malattie neurodegenerative sono state effettuate numerose ricerche con Università di Roma Tor Vergata, del Molise, di Mosca, e di Bruxelles, tutte Pubblicate

CASO CLINICO

INFLUENZA DEL SIG, PAU BAU……..
IL 10-01-2020 tornando dalla RPC accusava tutti i sintomi dell’influenza:brividi, mal di gola ecc, inizia immediatamente la terapia convenzionale (Oseltamivir, Zanamivir e farmaci retroantivirali)

In data 24-01-2020 la situazione si aggrava, con dispnea tosse e debolezza.

Il 23-01-2020 mi rivolgo a medici Svizzeri e Inizio la terapia enzimatica, Citexivir, Probiotic P 450 della Citozeatec Italy

Sintomi:

Brividi, mal di gola, tosse, congestione nasale, catarro;
Dolori articolari e muscolari;
Mal di testa;
Senso di stanchezza e sonnolenza;
Mancanza di appetito;
Diarrea, nausea;
Febbre 39,5 C°;
congiuntivite; Presente

Risposta del trattamento Citozeatec
20-02-2020 Notevoli miglioramenti

Sintomi

Brividi: assenti
Mal di gola: assente
Tosse: assente
Congestione nasale: miglioramento
Catarro: assente
Rantoli: assente
Dolori articolari e muscolari: assente
Mal di testa: assente
Senso di stanchezza e sonnolenza: assente, vigile nelle funzioni
Mancanza di appetito;
alimentazione normale: colazione, pranzo e cena
Diarrea, nausea: assente
Febbre: mattino 36,5C° mezzogiorno 36C° sera 36,8C°
congiuntivite. assente

24.02.2020 Il medico Curante M.D.

Infezioni virali ed enzimopatia 022023-05-17T12:01:19+02:00

La fibromialgia e le cause che la determinano

2023-05-17T11:57:58+02:00

La fibromialgia e le cause che la determinano

Quasi tutte le cellule del corpo umano posseggono organuli coinvolti nel movimento; di questi i più importanti sono i complessi sistemi interattivi dei filamenti di actina e miosina, che in molte cellule servono a mantenere la forma o determinare lenti movimenti come quelli osservati nei movimenti cellulari o nel corso di trasformazioni morfogenetiche che avvengono nei tessuti embrionali.
In altre cellule, specializzate nell’esecuzione dei movimenti più potenti e più rapidi, l’actina, la miosina ed altre proteine, loro associate, sono presenti in alta concentrazione e vengono utilizzate per produrre contrazioni efficienti e lineari.
Tali cellule sono i miociti (cellule muscolari) che quando sono riunite in gruppi distinti, formano i muscoli; i miociti derivano, in varie sedi dell’organismo, dai mioblasti, tali cellule sono di origine mesenchimale  e possono differenziarsi in una di tre possibili linee cellulari per formare: miociti del muscolo scheletrico, del muscolo cardiaco o del muscolo liscio.   Vedi figura.

rappresentazione schematica dei tipi più importanti della muscolatura che illustra le caratteristiche morfologiche più salienti, compreso la loro innervazione (in rosso).

(A) fibre muscolari striate, raccolte in un gruppo di tre elementi (sopra) circondate da cellule satelliti, e fuso muscolare contenente fibre intrafusali (in basso).
(B) muscolatura cardiaca con cellule del miocardio comune (miociti) più piccole, cellule di Purkinje del tessuto di conduzione, più grandi e cellule nodali arrotondate.
(C) Cellule muscolari lisce.

Muscolo scheletrico

Le unità costitutive del muscolo scheletrico sono le fibre muscolari; ognuna di essa ha una struttura allungata cilindrica delimitata da una membrana plasmatica (sarcolemma) che racchiude numerosi nuclei e una quantità relativamente abbondante di citoplasma (sarcoplasma).
Molte fibre muscolari sono raggruppate in fascetti di grandezza e distribuzione diversa e ogni singolo muscolo può essere costituito da molti fascetti.
Una guaina di tessuto connettivo avvolge le differenti parti che costituiscono il muscolo; la delicata rete che circonda e riempie gli spazi esistenti fra le fibre muscolari è indicata nel suo insieme con il termine di endomisio; il perimisio, una guaina di tessuto connettivo più robusto, circonda ogni singolo fascio primario, che è anche in continuità con i setti perimisiali, che penetrano all’interno del muscolo e il tessuto connettivo che si trova esternamente al muscolo.
Si è visto, al microscopio elettronico, che le miofibrille del muscolo scheletrico, sono divise trasversalmente in unità disposte in serie e chiamate sarcomeri, ognuno dei quali, nel muscolo a riposo, è lungo circa 2,5 µm ed è composto da due principali tipi di filamenti, rappresentati dalla miosina, filamenti di circa 12 µm di spessore, dalla actina, filamenti di circa 6 µm di diametro.
I filamenti di miosina corrispondono alla banda A della microscopia ottica; i filamenti di actina sono attaccati per una estremità ad una banda Z e con l’altra si interdigitano con i filamenti di miosina; la banda I corrisponde alle regioni adiacenti di due sarcomeri, dove i filamenti di actina non sono presentati.   Vedi figura.

schema dell’organizzazione dei sarcomeri nel muscolo scheletrico e cardiaco e delle modificazioni che hanno luogo durante l’accorciamento.

Contrazione muscolare e motalità cellulare.

Tutti i muscoli producono movimento con contrazione attiva che si ottiene mediante un sofisticato e potente apparato proteico intracellulare che, in una forma più rozza, genera movimenti in quasi tutte le cellule.
Il più potente di tutti è il muscolo scheletrico, nel quale l’apparato contrattile è così perfettamente organizzato che il suo meccanismo d’azione si riflette esattamente nella sua ultrastruttura.
Per circa 2/3 della fibra muscolare è costituita da miofibrille, lunghi elementi cilindrici del diametro di 1-2 µm che si estendono per l’intera lunghezza della cellula; esse sono le unità contrattili delle cellule muscolari; sono chiaramente visibili al microscopio ottico e le conferiscono un aspetto striato a bande.
Ciascuna delle unità regolarmente ripetute, o sarcomero, è lunga circa 2,5 µm; ogni sarcomero contiene due gruppi di filamenti proteici paralleli che in parte si sovrappongono: i filamenti spessi (lunghi ciascuno circa 1,6 µm e con un diametro di 15 nm), che si estendono da una estremità all’altra della banda A e i filamenti sottili (lunghi ciascuno circa 1 µm e con un diametro di 8 nm) che si estendono attraverso la banda I e in parte entrano nella banda A.

La fibromialgia e le cause che la determinano2023-05-17T11:57:58+02:00

La biogenesi degli enzimi

2023-05-17T12:02:18+02:00

La biogenesi degli enzimi

Confermata dalla presenza di oltre 100 amminoacidi nei “mattoni della vita” del meteorite caduto il 28 Settembre 1969 Murchison – Australia

Gli enzimi sono formati da amminoacidi. Grazie al legame di questi amminoacidi si generano tutte le proteine e quindi la vita.

Allo scienziato italiano Lazzaro Spallanzani SJ (1729-1799), spetta il merito di aver per primo iniziato le ricerche in ambito enzimologico. Su questa scia Pasquale Ferorelli ha formulato i prodotti Citozeatec e così oggi è possibile apprezzare la vasta portata delle scoperte di Spallanzani nell’ambito di malattie oncologiche, virali, diabetiche e neurodegenerative , tutte riconducibili all’unico comune denominatore: enzimopatia.

La ricerca molecolare consente oggi di identificare la funzionalità biochimica del Texidrofolico, un prodotto ottenuto dalla trasformazione dell’ amido di mais mediante conversione enzimatica. Stabilendo le caratteristiche funzionali del prodotto e quindi le attività fisiche e chimiche, la perdita della funzionalità del Texidrofolico può avvenire semplicemente scorporando una sola molecola, questo ci fa capire che le attività degli enzimi sono tutte attività specifiche e sequenziali per la vita di tutti gli esseri viventi.

La biogenesi degli enzimi2023-05-17T12:02:18+02:00
Torna in cima